RITORNO ALLA SARDEGNA BUCOLICA



Negli ultimi anni mi concedo almeno una settimana sull’isola sarda dato che i miei hanno preso una piccola casetta a sud, in provincia di Cagliari. Inizialmente l’idea di trascorrere parte delle vacanze estive qui non mi entusiasmava molto…quando penso alla Sardegna mi vengono subito in mente le località più famose della Costa Smeralda e di conseguenza il casino che ne deriva. La parte inferiore dell’isola però sembra quasi non avere subito il processo di trasformazione in località balneari di lusso e alla moda.
La Sardegna è un’isola molto particolare, offre contesti paesaggistici molto diversi tra loro: spiagge da sogno con acqua cristallina e sabbia bianca, regioni aspre quasi inospitali, altopiani e zone montane con fitti boschi. I muretti in pietra sono presenti quasi ovunque così come il profumo di natura che si respira osservando i greggi di pecore che pascolano.
La storia dell’isola incanta per le movimentate vicende che hanno lasciato segni tangibili con i nuraghi e le torri di pietra erette durante l’Età del Bronzo. La civiltà sarda è stata forgiante in molti campi e anche in quello artistico il patrimonio che ha creato si compone di opere plastiche di grande espressività, soprattutto se si pensa che questa società raggiunse il suo apice 3000 anni fa. Il territorio sardo ha consentito il fiorire del popolo dei nuraghi grazie alle risorse minerarie, bramate anche da popoli come i Fenici, Romani e Cartaginesi, che sbarcarono sull’isola lasciando tracce del loro passaggio. Fin dal passato la Sardegna nonostante la posizione non restò mai isolata, ma partecipò in modo attivo a scambi commerciali e culturali all’interno del bacino del Mediterraneo.
Anche il Medioevo fu un’epoca prolifica come testimoniano le splendide chiese in stile romanico pisano ancora presenti sul territorio.
Il dominio feudale spagnolo fu invece caratterizzato da dispotismo, repressione e sfruttamento, anche la dominazione piemontese non mutò questa situazione precaria in cui indigenza e miseria dei sardi dilagavano. A seguito della creazione del Regno d’Italia (Il cui nucleo era costituito da Regno di Piemonte e di Sardegna) l’isola continuò ad essere sfruttata ad opera di imprenditori del continente. Nel 1948 successivamente alla costituzione repubblicana del 1946 la Sardegna ha ottenuto l’autonomia.
La parte di isola che ho visitato (zona del cagliaritano, sud) appare come una terra senza tempo, nonostante la modernizzazione che dagli anni Sessanta si è diffusa in modo capillare. Al processo di industrializzazione si è affiancato quello di spopolamento dei paesi di montagna e dell’abbandono delle campagne, a favore delle città maggiori come Cagliari e comuni di grosse dimensioni che attirano nuovi immigrati. Nonostante questi fenomeni ciò che ho notato è che l’identità dei sardi verso le proprie radici continua ad essere conservata gelosamente e la coltivazione delle tradizioni si riscontra anche nei giovani tramite la passione per musica, gastronomia, costumi e con il proseguo dei mestieri più antichi.
Il mare è sicuramente la prima cosa a cui si pensa in relazione alla Sardegna, ma questa terra offre anche altre attività come trekking, arrampicata sportiva, escursioni a cavallo o in mountain bike, gite in barca e giri in canoe attraverso laghi e fiumi.

Anche quest’anno ho raggiunto Porto Corallo atterrando all’aeroporto di Cagliari Elmas, con una nuova compagnia di Olbia con cui mi sono trovata molto bene AIR ITALY e a seguito di un tragitto di circa un’ora in macchina. La scelta di venire la settimana di ferragosto è stata obbligata, ma in alcune zone non ho nemmeno percepito la presenza di troppi vacanzieri.
Porto Corallo (zona in cui hanno casa i miei genitori) è una piccola frazione del comune di Villaputzu nella subregione del Sarrabus, è una località balneare con un suo porto e molte strutture ricettive per i turisti. La torre situata nei pressi del porticciolo è molto antica e faceva parte del sistema di avvistamento difensivo del territorio contro i Saraceni.
Villaputzu che dista pochi chilometri fu abitata in età nuragica e numerosi sono i rinvenimenti nell’attuale rione Santa Maria; in epoca medioevale la storia del paese si fonde con quella di Scarcapos, città commerciale e portuale situata sulla foce del fiume Flumendosa, centro di partenza per gli itinerari verso l’Etruria in quanto unico porto fluviale. All’epoca medievale risale il castello di Quirra situato nell’omonima regione ed in epoca moderna la contea di Quirra fu trasformata in marchesato.  Durante l’annessione sarda ai possedimenti sabaudi e nel processo di Unità d’Italia Villaputzu passò sotto la giurisdizione di Muravera, centro maggiore e il paese fu riscattato agli ultimi feudatari gli Osorio de la Cueva ultimi marchesi di Quirra. Oggi nel territorio è presente dal 1956 un poligono sperimentale di addestramento.
Muravera, centro maggiore, è sorta su una valle fluviale a ridosso di una cerchia di colline che delimitano un sistema lagunare di stagni. I primi insediamenti nel territorio risalgono alla preistoria, ne sono testimonianza il complesso megalitico di Piscina Rei e di Nuraghe Scalas, nella zona trovarono luogo anche stanziamenti fenici, punici e romani. Nel Medioevo Muravera fu oggetto delle continue incursioni da parte dei pirati barbareschi a causa della posizione geografica, per questo tra XVI e XVII secolo sorsero ad opera degli spagnoli le torri costiere che dominano le spiagge: Torre delle saline, Torre di Capo Ferrato e Torre dei dieci cavalli. Anche qui come a Villaputzu in epoca sabauda furono aboliti i feudi e alla fine del XIX secolo avvenne la chiusura delle terre comunali.

Ovviamente la mia settimana di vacanza è trascorsa vagando da una spiaggia all’altra, da un mare cristallino con fondo di ghiaia a un’altra con onde che si infrangono sugli scogli a picco. Per le spiagge non c’è che l’imbarazzo della scelta. Gli stabilimenti balneari essendo agosto e in particolare la settimana del 15 erano molto affollati quindi ho preferito cercare spiagge libere, il più possibile isolate e in posti difficilmente raggiungibili dalle famiglie, così da garantirmi silenzio e tranquillità per un relax totale!
La maggior parte delle giornate le ho trascorse nella spiaggia di Murtas nel territorio di Quirra, si tratta di un’area in parte interdetta per ragioni militari, ma che in estate è fruibile sulla costa dai bagnanti. Murtas con i suoi 7 km di sabbia chiara a grani medi è contornata da dune di sabbia e dal mare di un azzurro molto intenso. Vicino alla costa si estende lo stagno di Quirra con altre piccole paludi minori, la sera fanno da specchio alle luci del tramonto. L’acqua del mare è davvero trasparente e pulita, è bellissimo nuotare con maschera e pinne osservando pesci, polpi, razze, ricci e stelle marine! Sì ho avuto la fortuna di imbattermi durante un bagno mattutino in due bellissime stelle marine adagiate sul fondale…questo per farvi capire quanto ancora sia incontaminata la flora subacquea in questa parte di Sardegna.
Altra spiaggia, ma con fondale sabbioso grigio è quella delle Saline.  Anche qui l’acqua è molto pulita, ma il fondale subito profondo il giorno in cui sono stata io non offriva una visuale nitida poiché era molto mosso il mare. Oltre alla spiaggia libera poco distante c’è un’area attrezzata con lettini e ombrelloni per questo motivo l’ho trovata un po' troppo frequentata.
A pochi passi da casa, ho trascorso una giornata alla Spiaggia di Porto Corallo, un litorale con sabbia a grani grossi animata da una fitta vegetazione, dall’acqua in alcuni tratti affiora la scogliera. La denominazione del luogo ricorda la presenza di colonie di preziosi coralli, la cui raccolta avviene fin da epoche remote per la preparazione di oggetti decorativi. Alle spalle della spiaggia si alza la torre spagnola che in orario tramonto offre una bella visuale, magari sorseggiando un ichnusa.
In provincia di Muravera mi è piaciuta molto anche la zona di Costa Rei caratterizzata dalla presenza del complesso montuoso dei Sette Fratelli. La macchia mediterranea nasconde angoli di mare incantevoli come Cala Pira, una piccola baia sovrastata dalla torre aragonese, quasi una sorte di custode del mare trasparente. Anche a Villasimius il mare mostra sfumature di azzurro molto intense, acqua limpida e distese di sabbia dal sapore caraibico. Qui le spiagge sono quasi tutte molto affollate, ma la spiaggia di Porto Giunco è bella anche con il vociare dei villeggianti, alle spalle di essa si trova lo stagno di Notteri habitat dei fenicotteri rosa e di altri uccelli rari. La spiaggia è dominata da una torre che si può facilmente raggiungere per immortalare le tonalità del mare e da cui il tramonto offre colori stupefacenti. La sera Villasimius è molto frequentata, qui si concentrano la maggior parte dei locali in cui passare piacevoli serate in compagnia ed è una delle località di maggior richiamo turistico nel periodo estivo.
Più distante, a circa un’ora di macchina nell’Ogliastra ho scoperto la spiaggia di Cea, con sabbia bianca, fondale basso e con sfumature smeraldine delle acque del mare. La spiaggia libera si alterna a tratti con stabilimenti balneari e non è a mio avviso troppo estesa, per questo era molto affollata. Lo spettacolo che offrono l’azzurro dell’acqua. Il blu del cielo, il bianco della sabbia e il rosso degli scogli sono impagabili!
Tortolì è la porta d’ingresso nell’ Ogliastra, un territorio in cui coesistono spiagge dal sapore tropicale, boschi di macchia mediterranea, pianure fertili, stagni e una striscia di porfido rosso che corre parallela alla costa. La piccola cittadina è molto frequentata in estate perché conduce al porto di Arbatax da cui partono numerosi tour in barca, è brulicante di vita, negozi e punti ristoro (qui ho mangiato una buonissima ciambella fritta!!). Arbatax oltre ad essere conosciuta per il porto è un monumento naturale da cui affiorano dalle verdi acque del mare le famose Rocce Rosse; anche qui mi sono imbattuta in un via vai di turisti continuo.

Non sono uscita spesso la sera, abbiamo preferito rimanere in veranda ad osservare l’infrangersi delle onde e il sorgere della luna che si manifesta nelle prime ore della sera di un rosso molto suggestivo. È bello andare la mattina dai pescatori locali (sempre pronti a dispensare ricette e consigli di cucina) scegliere il pesce che verrà cucinato la sera, passare dai contadini che a bordo strada in prossimità dei loro orti espongono frutta e verdura raccontandoti la storia di ogni pomodoro o zucchina che stai per acquistare, per non parlare dei panettieri e delle anziane signore che la domenica preparano i ravioli sardi alle patate. Si respira ovunque aria di semplicità, di piacere per le piccole cose e si entra in contatto con persone genuine, che ti danno confidenza al primo sguardo e che ti raccontano tutto di ogni angolo dei loro paesi e delle loro tradizioni.


Curiosità della bandiera sarda: i quattro mori con fascia sulla fronte

I sardi si sentono molto legati alla loro terra e ricordano costantemente le proprie origini, la bandiera sarda è presente quasi ovunque, molti addirittura se la sono tatuata sulla pelle. La bandiera mostra i quattro mori con la bandana sulla fronte, questo emblema ha origini nella Sardegna medioevale, quando vi era il dominio aragonese. Questo simbolo fu infatti portato sull’isola dai conquistatori della Catalogna e risaliva al periodo della Reconquista, quando i cristiani avevano riconquistato la penisola iberica dall’occupazione dei mori. A quel tempo il ritratto dei mori sconfitti era stato riportato dai cavalieri cristiani sui vessilli con un valore puramente simbolico. Inizialmente i quattro mori furono solo simbolo della sovranità degli Aragona, ma ben presto divenne vero e proprio emblema della Sardegna, che fino ad allora non aveva posseduto uno stemma proprio. Un manoscritto tardo medioevale riporta la testimonianza di una bandiera con croce rossa e quattro teste di moro, senza fascia, questa inizia a comparire dal XVII secolo in seguito, quando la Sardegna dopo l’unificazione di Castiglia e Aragona faceva parte del regno spagnolo. Il re Filippo II di Spagna volle suggellare la sottomissione dell’isola: i quattro mori rimarcavano il fatto che la signoria feudale spagnola regnasse sopra la Sardegna.
Anche dopo che l’isola venne ceduta al duca di Savoia principe del Piemonte i quattro mori restarono lo stemma identificativo, ma nel XIX secolo fu commesso un errore araldico: un disegnatore piemontese mentre copiava dei vecchi modelli fece scivolare la benda sugli occhi dei mori anziché disegnarla sulla fronte. Secondo alcuni questa non sarebbe stata una svista, ma il tentativo di fissare nel linguaggio araldico la cieca sottomissione dei sardi al dominio piemontese.
Quando la Sardegna fu coinvolta nel processo di unificazione d’Italia nel 1861 il tricolore fece il suo ingresso sull’isola, ma i quattro mori assumono un nuovo significato: diventano emblema della vittoria dei quattro governatorati sardi che nell’Alto Medioevo avevano impedito l’invasione islamica.
In tempi più recenti nel 1921 i quattro mori diventarono emblema del Partito Sardo d’Azione e fu da allora che iniziò ad essere un simbolo conosciuto e nel 1952 quando la Sardegna divenne regione autonoma lo stemma con mori e benda sugli occhi fu riconfermato nel ruolo di bandiera dell’isola.
Ai sardi la benda calata dalla fronte agli occhi non piaceva…ed è dal 1999 che è tornata a cingere la fronte dei 4 mori e da allora il vessillo officiale riporta i quattro mori con fascia sulla fronte che guardano verso destra.

I consigli sardi di una vagabionda

Assaggia la birra ichnusa: nasce nel 1912 il birrificio di Assemini a pochi chilometri da Cagliari, oggi si cerca di preservare e valorizzare la tradizione della produzione di questa birra con un’attenzione particolare verso la tutela dell’ambiente. In Sardegna si trovano varietà diverse che nel continente non vengono esportate come l’ichnusa cruda (birra non pastorizzata con microfiltrazione dei lieviti 4,9% vol) e l’ichnusa al limone (con solo il 2% di alcol dal gusto fresco e leggero); oltre alle classiche ichnusa non filtrata (con gusto deciso per i lieviti non filtrati 5% vol) e alla classica ichnusa (una lager leggera 4,7% vol).
Prova la fregola: si tratta di un formato di pasta di semola a grani prodotta dal rotolamento della semola entro un grosso carino di coccio e successivamente tostata in forno. È un piatto di origini antiche e si può mangiare con diversi condimenti: pesce, verdure e carne; la mia versione preferita? Con frutti di mare misti.
Testa una sebadas: tipico dolce della tradizione culinaria, fritto, una sorta di grosso raviolo con pasta di semola, ripieno di formaggio e spalmato una volta cotto con miele….una vera goduria per il palato!
Scopri le maschere sarde: il carnevale in Sardegna è molto antico ed ha sfumature molto affascinanti. I Maumuthones sono le maschere tipiche di Mamoiada, sono fatte in legno e dipinte di nero, si applicano al viso mentre il corpo è coperto da pelli di pecora, sulla schiena vengono applicati campanacci. Il travestimento riconduce a riti di origine nuragica come venerazione per gli animali e a protezione dagli spiriti del male. Bòes e Merdùles sono maschere di Ottana, rappresentano la lotta tra l’istinto animalesco e la ragione umana: nelle esibizioni carnevalesche il Boe viene inseguito, frustato e catturato dal Merdule entrambi simulando furiose risse. Anche in questo caso le maschere sono realizzate in legno.








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